Alla Ricerca delle Lucciole
Passeggiata al tramonto tra natura, storia e gusto
Tra orti e frutteti cui il vento porta l’odore del mare, sorge il villaggio fortificato di Moresco, chiuso dal profilo di una torre eptagonale che sembra la bizzarra prua di un nave arenata in collina. All’altro capo del paese risponde la torre dell’Orologio e in questo gioco di rimandi e messaggi si svolge la vita del borgo. Quella di Moresco è una comunità di castello organizzata in forme rurali rimaste immutate nei secoli. Il castello sembra una sentinella a guardia della campagna, delle sparse case coloniche, degli orti mediterranei, delle colture della vite e dell’olivo che disegnano un paesaggio quieto e ondulato, al cui orizzonte c’è sempre il mare.
Fiero, autonomo e attaccato al suo campanile come ogni borgo marchigiano, Moresco vanta una sala consiliare tra le più belle della provincia. Vi è custodita la grande pala d’altare di Vincenzo Pagani, autore anche dell’affresco sotto il portico della piazza che era la navata sinistra della chiesa di Santa Maria in Castro, demolita e sostituita dalla Parrocchiale di San Lorenzo. Questa è sorta sotto la grande torre inglobando la chiesetta di San Francesco Borgia che ora ne è la sacrestia.
Ha cambiato invece destinazione d’uso la chiesa di Santa Sofia, che s’incontra dopo essere passati sotto la torre dell’Orologio: conosciuta come lu teatrì, è stata sede, dopo la sconsacrazione, di un piccolo teatro.
Secondo la tradizione fu edificata per commemorare una giovane di Moresco, Sofia Amati, brutalizzata e uccisa. Altri ritengono che nel castello sia nata la madre di Santa Sofia. La chiesa racchiude un interessante affresco della scuola di Carlo Crivelli (1430-95). Tra gli edifici civili meritano una sosta il palazzo di Patrizio Gennari e quello del cardinale Capotosti.
Nel borgo, che ha assunto la sua fisionomia nel XV secolo, una discreta bellezza è in ogni angolo e in ogni pietra: negli stretti passaggi, nelle mura, nei loggiati ancora ben conservati, nei vicoli che convergono verso la piazza raccolta, come un cortile, di fronte alla chiesa. Fuori le mura sono da visitare il santuario della Madonna della Salute e, soprattutto, la chiesa di Santa Maria dell’Olmo, ampliata nel 1521 inglobando l’antica edicola gotica, che la divide in due parti con due differenti altari. Ad abbellire gli altari fu chiamato Vincenzo Pagani che realizzò l’affresco della Crocifissione e la già citata pala della Madonna conservata nella sala consiliare.
Monterubbiano, dove sventola la Bandiera Arancione, è una delle perle dell’entroterra fermano e che domina buona parte della Valle dell’Aso; i Piceni furono i primi ad insediarsi in questo territorio tra il IX e III secolo a.C.
Monterubbiano ha perduto gran parte del sistema fortificato, salvo il torrione del Cassero e alcuni tratti delle mura, ma ha conservato l’impianto medievale. Sulla piazza si affacciano: il Palazzo Comunale, che ospita al primo piano la pinacoteca civica, e la Collegiata di Santa Maria dei Letterati, che contiene una tela e tre tavolette di Vincenzo Pagani, artista della prima metà del Cinquecento, nato a Monterubbiano. Altri edifici da visitare sono: il Teatro Pagani, che presenta un’unica sala a ferro di cavallo con tre ordini di palchi e una capienza di circa 250 posti; l’antica pieve dei SS. Stefano e Vincenzo risalente all’XI sec.; la chiesa dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista, con affreschi del Quattrocento; la chiesa di Santa Maria del Soccorso; il cimitero monumentale; il giardino pubblico Giacomo Leopardi e il Ghetto Ebraico risalente al sec. XV. Molto interessante è il Polo culturale San Francesco, una struttura polivalente, riaperta al pubblico nel settembre
2007, che comprende un Auditorium, un Museo Storico Archeologico, una Biblioteca, una Sala Espositiva, un Centro di Educazione Ambientale ed un Orto Botanico.
Tipicità del luogo sono le tagliatelle fritte, cui è dedicata una sagra estiva (agosto). La festa più importante che ha luogo a Monterubbiano nel corso dell’anno è Sciò la Pica, che si tiene il giorno di Pentecoste: è la perpetuazione del rito del Ver Sacrum, cioè la trasmigrazione, fatta per voto degli dèi di una popolazione sabina, che partita dalla conca reatina venne ad insediarsi nel Piceno, guidata dal volo di un picchio. A questo si sono aggiunte una parte religiosa culturale con la dedica alla Madonna del Soccorso (alla quale le Corporazioni di arti e mestieri offrono i ceri magni, ornati di fiori e frutti della terra) ed una in costume, legata al Rinascimento. La manifestazione culmina in una appassionante giostra all’anello fra i cavalieri delle Corporazioni.
Richiedi informazioni e disponibilità utilizzando il form sottostante. Ti risponderemo con tutti i dettagli e le informazioni di cui hai bisogno.
Per richiesta di ulteriori informazioni:
Minimo 15 persone
Prenotazione obbligatoria